No al licenziamento per il dipendente del supermercato che ruba merce scaduta
Il dipendente ha ottenuto il proprio reinserimento ma anche un risarcimento del danno adeguato. È importante considerare che il furto riguardava merce scaduta, priva di valore per l'azienda. Cruciale è stata l'assenza di intento deliberato da parte del lavoratore, intensificata dall'incertezza sulla sua effettiva conoscenza delle procedure per lo smaltimento di prodotti non più commerciabili

Al centro della vicenda si trova un supermercato in Sicilia, dove le scorte personali di un impiegato hanno scatenato polemiche. L'azienda le considerava "illecite", poiché includevano prodotti scaduti rubati dal lavoratore. Il fatto ha portato la società a licenziare il lavoratore, che a sua volta ha contestato questa decisione. I giudici, sia in prima che in seconda istanza, hanno stabilito che il licenziamento era ingiustificato poiché mancava la prova delle accuse riguardanti il furto di merce scaduta.
Contrariamente alle argomentazioni della società, i giudici d'appello hanno sostenuto che non si trattava di una violazione grave degli obblighi contrattuali che potessero compromettere la fiducia della società. Le azioni del dipendente, nel prendere due confezioni di carne scaduta, venivano considerate senza valore patrimoniale per l'azienda. Inoltre, si è rilevata l'assenza di intento deliberato nel comportamento del lavoratore, poiché era incerto se avesse conoscenza delle procedure per lo smaltimento di prodotti non idonei alla vendita.
In conclusione, i giudici hanno stabilito che l'azione non era dannosa, e che quindi il lavoratore doveva essere reintegrato, annullando di fatto il licenziamento. La Cassazione ha quindi respinto il ricorso della società, enfatizzando la mancanza di proporzionalità della sanzione rispetto all'accusa, e riconoscendo la vittoria del lavoratore che ha diritto non solo alla restituzione al lavoro, ma anche a un adeguato risarcimento per il danno subito (Cas. n. 27695 del 25 ottobre 2024).