Niente sospensione per il dipendente che è diventato rappresentante legale di due associazioni
Va applicato il principio secondo cui il dipendente non è tenuto a informare il datore di attività extralavorative estranee e inconferenti rispetto alla mansione ricoperta

Niente sanzione per il dipendente pubblico che ha assunto la carica di rappresentante legale di due associazioni senza alcuna preventiva comunicazione all’ente datore di lavoro. Questa la posizione assunta dai giudici (sentenza del 17 ottobre 2024 della Corte d’appello di Catanzaro), chiamati a prendere in esame lo scontro tra l’Agenzia delle Entrate e un suo dipendente. Per i giudici bisogna applicare il principio secondo cui il dipendente non è tenuto a informare il datore di attività extralavorative estranee e inconferenti rispetto alla mansione ricoperta. Il pubblico dipendente ha impugnato giudizialmente la sanzione della sospensione dal servizio per trenta giorni, irrogatagli per non avere, nello specifico, comunicato all’ente datore di aver assunto la carica di rappresentante legale di due associazioni. In primo grado i giudici hanno ritenuto corretta l’irrogazione della sanzione decisa dall’Agenzia delle Entrate, a fronte della contrarietà della condotta rispetto ad una vigente disposizione datoriale, ma sproporzionata l’entità della sanzione stessa. In secondo grado, invece, il lavoratore ha ottenuto una vittoria piena. I giudici hanno ritenuto nulla la disposizione che obbliga il dipendente a comunicare alla parte datoriale anche le attività che non interferiscono con le proprie mansioni o con le funzioni dell’ufficio di appartenenza. Per i giudici, difatti, una tale disposizione è irrimediabilmente generica, in quanto non delinea i confini di un’indeterminata obbligazione di comunicazione che finisce per coinvolgere ogni ambito di interesse, di impegno e di partecipazione del lavoratore, indipendentemente dalla tipologia di attività e dall’ambito in cui essa si esplica. Ancora più nello specifico, una disposizione del genere è in contrasto con la normativa che legittima l’acquisizione, da parte del datore, di informazioni che attengono alla vita privata del dipendente solo se siano strettamente legate alle specifiche mansioni dedotte in contratto. Nulla, quindi, la sanzione irrogata dall’Agenzia delle Entrate al dipendente, poiché la condotta omissiva ascritta al dipendente non integra gli estremi dell’illecito disciplinare che il codice di comportamento sanziona con la sospensione dal servizio.