Morte da tabagismo o da esposizione all'amianto?

Il tabagismo di un dipendente esposto all'amianto in una fabbrica non fa venir meno il nesso causale con l'insorgenza del tumore, ma deve essere preso in considerazione per rideterminare il risarcimento dovuto dal datore di lavoro

Morte da tabagismo o da esposizione all'amianto?

La Cassazione ha deciso che il tabagismo di un dipendente di uno stabilimento siderurgico, esposto all'amianto senza protezioni, non interrompe il nesso causale con l'insorgenza del tumore ma va comunque considerato per la quantificazione del risarcimento del danno da parte del datore di lavoro.

La Suprema Corte ha evidenziato la conformità della pronuncia impugnata ai precedenti della giurisprudenza di legittimità che, in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, applica la regola per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni. È stato, inoltre, ricordato il principio secondo cui, nell'ipotesi di malattia a eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo all'origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni, ma richiede una concreta e specifica dimostrazione che può essere stabilita anche in termini di probabilità sulla base della particolarità della fattispecie.

Nella sentenza impugnata, il giudice, dopo aver accertato il nesso causale tra esposizione all'amianto sul luogo di lavoro e patologia tumorale, riconosceva rilevanza concausale al tabagismo.

Tale concausa non è stata, tuttavia, presa in considerazione ai fini del risarcimento. Invero, tenuto conto del tabagismo del lavoratore in questione, la pronuncia non aveva correttamente applicato l'art. 1227 c.c., atteso che, nell'ipotesi di concorso della condotta colposa del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, nell'espressione «fatto colposo» rientra il fumo attivo, che costituisce un atto di volizione libero, consapevole e autonomo di soggetto dotato di capacità di agire; perciò, il risarcimento del danno deve essere proporzionalmente ridotto in ragione dell'entità percentuale dell'efficienza causale del comportamento del defunto.

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