Licenziato il lavoratore che inganna l’azienda per poter andare in un’altra città

Sono state respinte le recenti obiezioni sollevate dall'ex direttore di un supermercato. Ciò che ha portato alla sua condanna è stata la gravità della condotta truffaldina che, secondo i giudici, ha avuto nei confronti del datore di lavoro

Licenziato il lavoratore che inganna l’azienda per poter andare in un’altra città

Il direttore di un punto vendita ha commesso una grave infrazione disciplinare: l'uomo, infatti, ha ritardato il ritorno al lavoro dopo la pausa pranzo senza avvisare, partendo più tardi in aereo dalla città e giustificando l'assenza il giorno successivo per motivi familiari, sebbene fosse effettivamente altrove.

I magistrati hanno criticato la condotta truffaldina del lavoratore, sottolineando la mancanza di responsabilità rispetto al suo ruolo di dirigente aziendale. Non si tratta solo di un'assenza ingiustificata, ma di un comportamento così grave da giustificare il licenziamento: in particolare, gli è stato imputato l'abuso di fiducia e una grave mancanza nell'adempimento dei suoi doveri d'ufficio.

Nonostante il ricorso presentato in Cassazione dal suo avvocato, la Corte di Cassazione ha respinto il reclamo. I giudici hanno concordato con la sentenza d'appello, stabilendo che l'infrazione non era solo una questione di assenza ingiustificata, ma aveva natura truffaldina, legata a motivi personali sconosciuti che includevano una serie di bugie per giustificare l'assenza.

La Corte ha sottolineato che la condotta del dipendente, essendo direttore di un punto vendita, dimostrava un totale disprezzo per le esigenze aziendali e violava i doveri contrattuali. Quindi, la sanzione adottata era coerente con i fatti accertati nei gradi precedenti.

Di conseguenza, i giudici di Cassazione hanno stabilito che il dipendente aveva mostrato un'enorme mancanza di rispetto per le esigenze aziendali e che la sua azione non poteva essere giustificata dalle regole che disciplinano le assenze o gli abbandoni ingiustificati dal posto di lavoro, ma piuttosto dall'abuso di fiducia e dalla violazione dei doveri d'ufficio (Cas. n. 30613 del 28 novembre 2024).

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