Figlio all’opera nell’officina del padre: è catalogabile come dipendente

Decisivo il riferimento alla collaborazione stabile e all’assenza di autonomia gestionale.

Figlio all’opera nell’officina del padre: è catalogabile come dipendente

Può essere qualificato come dipendente a tutti gli effetti il figlio che collabora col papà. Ciò perché, ragionando sul lavoro in ambito familiare, la collaborazione stabile nell’impresa e l’assenza di autonomia gestionale qualificano il rapporto come subordinato. Questi i punti fermi fissati dai giudici (sentenza del 5 novembre 2024 del Tribunale di Napoli), chiamati a prendere in esame il contenzioso tra un padre, titolare di un’officina, e un figlio, che in quell’officina aveva lavorato come coadiutore familiare. Per i giudici è palese la natura subordinata del rapporto di lavoro in essere tra padre e figlio nell’officina di famiglia. Superata, difatti, la presunzione di gratuità della prestazione e di contitolarità dell’impresa. Decisivo, nella specifica vicenda, il riferimento alle parole dei testimoni, i quali hanno tutti affermato che il figlio aveva lavorato stabilmente e continuativamente nell’officina del padre, ricevendo un compenso per la prestazione svolta. Per quanto concerne, poi, il fatto che padre e figlio svolgessero le medesime mansioni, esso non rileva ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. Ciò perché l’eterodirezione è individuabile in forma attenuata nello stabile inserimento del figlio (con assenza di autonomia gestionale) nell’organizzazione del lavoro del padre e nell’assenza. Decisivo, per i giudici, il quadro probatorio. In sostanza, è acclarato che il figlio lavorava in maniera stabile e continuativa nell’officina del padre e che era presente per tutto l’orario di apertura, pur con qualche discrepanza tra le deposizioni sull’orario iniziale e finale di lavoro. Inoltre, egli percepiva un compenso per la prestazione resa. Priva di fondamento, secondo i giudici, la tesi del padre, secondo cui il figlio, dopo il primo periodo in cui aveva imparato il mestiere, era divenuto un contitolare dell’attività d’impresa. Irrilevante il fatto che entrambi, padre e figlio, svolgessero le medesime mansioni: tale dato, invero, appare neutro in ordine alla qualificazione del rapporto di lavoro, non implicando affatto che il figlio fosse contitolare della gestione dell’attività imprenditoriale quanto piuttosto che ormai avese acquisito esperienza nell’esecuzione dell’attività lavorativa, tale da svolgere in autonomia senza dover più chiedere indicazioni al padre.

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