Svalutazione del part-time: le donne sono penalizzate rispetto agli uomini
Nel caso di specie, viene evidenziato che «svalutare il part-time ai fini delle progressioni economiche orizzontali (ovverosia progressioni economiche non legate ad avanzamenti di carriera, ma comunque meritate, secondo parametri che includono anche l’anzianità di servizio) significa, nei fatti, penalizzare le donne rispetto agli uomini con riguardo a tali miglioramenti di trattamento economico».

Per discriminazione indiretta (art. 25, comma 2, d.lgs. n. 198/2006) si intende «qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento che metta, di fatto, i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso». La legge non richiede che si tratti di comportamenti o atti illeciti o discriminatori anche sotto altro profilo; guarda soltanto «al risultato finale della discriminazione, da apprezzare sul piano della realtà sociale e non solo delle forme giuridiche».
Per dirimere la controversia in oggetto, il Collegio evidenzia che «non può esserci alcun automatismo tra riduzione dell’orario di lavoro e riduzione dell’anzianità di servizio da valutare ai fini delle progressioni economiche. Occorre invece verificare se, in base alle circostanze del caso concreto (tipo di mansioni svolte, modalità di svolgimento, ecc.), il rapporto proporzionale tra anzianità riconosciuta e ore di presenza al lavoro abbia un fondamento razionale oppure non rappresenti, piuttosto, una discriminazione in danno del lavoratore a tempo parziale. E l’onere della prova dei presupposti di fatto che determinano la razionalità, in tale contesto, del riproporzionamento è a carico del datore di lavoro» (Cass. n. 10328/2023).
Nel caso di specie, il giudice del merito è ricorso, quindi, al dato statistico documentato della presenza di donne in stragrande maggioranza tra i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate che chiedono di usufruire del part-time, per concludere che «svalutare il part-time ai fini delle progressioni economiche orizzontali (ovverosia progressioni economiche non legate ad avanzamenti di carriera, ma comunque meritate, secondo parametri che includono anche l’anzianità di servizio) significa, nei fatti, penalizzare le donne rispetto agli uomini con riguardo a tali miglioramenti di trattamento economico». (Cass. civ., sez. lav., ord., 19 febbraio 2024, n. 4313).