Se il datore di lavoro non versa i contributi il lavoratore ha diritto ad agire anche prima di andare in pensione
L’omissione dei contributi produce un duplice danno patrimoniale a carico del lavoratore. Da un lato, la perdita totale o parziale della prestazione previdenziale pensionistica al momento in cui raggiunge l’età pensionabile e, dall’altro, la necessità di ricorrere ad una forma di previdenza sostitutiva

La questione riguarda la possibilità del lavoratore di agire in Tribunale per l’accertamento del diritto ad ottenere il corretto ed integrale versamento dei contributi da parte del datore di lavoro prima ed a prescindere dalla maturazione della pensione.
Nel caso in esame, la domanda del lavoratore nei confronti dell’ex datore di lavoro era stata rigettata dai giudici di merito che avevano affermato l’insussistenza di un interesse ad agire dell’uomo che non aveva ancora raggiunto l’età pensionabile.
Il lavoratore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, con successo. La Suprema Corte ha infatti ricordato che, a fronte di un’irregolarità contributiva, il lavoratore ha la possibilità, anche prima del raggiungimento dell’età pensionabile, di proporre un’azione di condanna generica al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2116 c.c. oppure un’azione di mero accertamento dell’omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso.
Infatti, il lavoratore, pur non essendo ancora creditore dei contributi previdenziali, è comunque titolare del diritto di derivazione costituzionale alla posizione contributiva e, di conseguenza, egli ha sempre un interesse qualificato a proteggere sul piano contrattuale la sua posizione assicurativa ed il diritto all’integrità pensionistica, diritto costituzionalmente tutelato dall’art. 38 della Costituzione.
La Corte precisa, infine, che il lavoratore può agire per l’accertamento dell’obbligo contributivo contro il datore di lavoro, ma non può invece agire in giudizio per la condanna al pagamento della contribuzione, domanda che spetta esclusivamente all’ente previdenziale (Cass. civ., sez. lav., sent., 2 maggio 2024, n. 11730).