Ruba un portafogli finito nella cassetta postale: licenziato

Respinte le obiezioni sollevate dall’oramai ex dipendente di Poste Italiane. Evidente la gravità della condotta da lui tenuta nel contesto lavorativo

Ruba un portafogli finito nella cassetta postale: licenziato

Protagonista della vicenda è un dipendente di Poste Italiane addetto al nastro trasportatore utilizzato per smistare la corrispondenza raccolta nelle cassette di impostazione che si è impossessato di un portafoglio lasciato in una cassetta e finito quindi, assieme alla corrispondenza, sul nastro.

Per l’azienda non vi sono dubbi: l’episodio, confessato dal lavoratore, è sufficiente per il licenziamento. La sanzione disciplinare viene confermata anche dai giudici della corte d’appello, dopo una sentenza di primo grado favorevole invece al dipendente.

Segue il ricorso in Cassazione dove l’avvocato che difende il dipendente prova a ridimensionare la condotta sottolineando tra l’altro, l’assenza di danno per la società. Inoltre, evidenzia la ridotta «importanza del valore del bene» e ricorda che il contratto nazionale «punisce con sanzione conservativa l’ipotesi di sottrazione di materiale o beni strumentali di tenue valore».

La Cassazione, però, esclude ogni dubbio sulla gravità dell’azione compiuta dal dipendente, soprattutto facendo riferimento al «minimum etico integrato dal divieto di appropriarsi di beni altrui» e «alla particolare affidabilità riposta dalla società negli addetti alla cernita degli oggetti depositati nelle buche postali».

Di conseguenza, l’addebito mosso al lavoratore con corrispondente decreto di citazione in giudizio penale per appropriazione indebita, è sufficiente a «far venir meno la fiducia del datore di lavoro nell’operato del dipendente», anche tenendo presenti «l’altissimo grado di affidamento che implica la mansione di smistamento e gestione di beni (altrui) affidati alla società» e «il disvalore disciplinare di qualunque condotta diretta ad un arbitrario mutamento della destinazione di tutto ciò che l’utenza abbia inteso affidare al servizio postale» (Cass. civ., ord. n. 13457/24, sez. lav., depositata il 15 maggio 2024).

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