Risarcimento per il danno morale subito dal magistrato ordinario trasferito illegittimamente
Decisiva la constatazione dell’avvenuto proscioglimento del giudice in sede disciplinare, a sua volta determinato dall’esito a lui favorevole del giudizio penale

A fronte della revoca della misura cautelare e del proscioglimento in sede disciplinare, a sua volta determinato dall’esito del giudizio penale, conclusosi con sentenza irrevocabile di assoluzione, il magistrato ha diritto di essere reintegrato nelle funzioni semidirettive in precedenza svolte. Questo il paletto fissato dai giudici (sentenza numero 9318 del 19 novembre 2024 del Consiglio di Stato), chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata da un magistrato ordinario per il presunto demansionamento subito, fino al suo collocamento a riposo d’ufficio, per effetto dei provvedimenti di trasferimento e assegnazione adottati nei suoi confronti dal ‘Consiglio superiore della magistratura’ in relazione al procedimento disciplinare cui era stato sottoposto per addebiti relativi a presunte condotte contrarie a doveri d’ufficio, in ipotesi consistite nella rivelazione di attività di indagine a carico di appartenenti ad organizzazioni malavitose. I giudici precisano che il diritto alla reintegrazione nelle funzioni è sottoposto solo alla disponibilità del posto, ovvero a uno equivalente, laddove quello originariamente ricoperto non sia rimasto vacante. Pertanto, è configurabile la colpa grave del ‘Consiglio superiore della magistratura’ che non abbia provveduto in tal senso pur dopo il giudicato di annullamento formatosi sul provvedimento di trasferimento, adottato applicando la normativa in tema di conferimento. Tuttavia, a fronte dell'illegittimo demansionamento del magistrato, non reintegrato nelle sue funzioni a seguito dell'assoluzione irrevocabile in sede penale e del conseguente proscioglimento in sede disciplinare, non sono ravvisabili danni patrimoniali in quanto nella magistratura ordinaria l’incarico di direzione di uffici o di ripartizioni interne di essi non comporta il riconoscimento di alcuna indennità o di emolumenti ulteriori rispetto al trattamento economico complessivamente spettante al magistrato in base alla qualifica e all’anzianità maturata. Sono per contro ravvisabili e risarcibili i danni non patrimoniali, costituendo dato incontroverso che l’ingiusta perdita delle funzioni e l’effetto di demansionamento da esso derivante si traduce nella perdita della professionalità, con privazione di quelle capacità che, sul presupposto del valore costituzionale del lavoro, connotano la personalità dell’individuo, ed essendo ravvisabile uno stato di sofferenza ulteriore, connesso al vissuto del danneggiato, costretto ad allontanarsi dal luogo di lavoro e dunque a modificare le proprie abitudini di vita. In questa ottica, quindi, il danno non patrimoniale va liquidato unitariamente e, in coerenza con la funzione reintegratrice della sfera giuridica del danneggiato, tipica della responsabilità civile, esige una quantificazione personalizzata, che tenga cioè conto del danno alla persona in tutte le sue componenti: tanto quella biologica, accertabile sul piano medico-legale, quanto quella esistenziale, riferita alla componente dinamico-relazionale dell’individuo, quando si prestino ad una considerazione unitaria le conseguenze dannose patite a causa dell’illecito che non superino la normale tollerabilità.