L’ispezione igienico-sanitaria nel ristorante costa caso allo chef: confermato il licenziamento

Decisivo il ritrovamento, da parte dei Carabinieri del Nucleo antisofisticazioni, di circa 47 kg di alimenti, contenuti in vassoi di metallo nella cella frigorifera, privi di idonea copertura e conservati a una temperatura diversa da quella prevista in etichetta, nonché buste sottovuoto con alimenti scaduti.

L’ispezione igienico-sanitaria nel ristorante costa caso allo chef: confermato il licenziamento

All’ispezione fa seguito la condanna penale del legale rappresentante della società per la violazione dell’art. 5 della legge 283 del 1962 e il licenziamento dello chef.

Inutile l’impugnazione: il Tribunale, prima, e la Corte d’Appello, dopo, confermano la legittimità della sanzione espulsiva decisa dalla società. Corretto, dunque, il licenziamento per giusta causa intimato allo chef a seguito dell’ispezione igienico-sanitaria effettuata del Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri e al ritrovamento di alimenti mal conservati.

In particolare, la contestazione si riferiva al congelamento abusivo di circa 47 kg di alimenti, alcuni parzialmente privi di idonea copertura, accatastati l'uno sull'altro e in promiscuità tra loro, in parte invasi da ghiaccio e con segni di bruciature da freddo, detenuti a una temperatura diversa da quella indicata nelle rispettive etichette.

Il lavoratore ha provato a impugnare la sentenza d’appello in Cassazione senza però avere successo.

La Corte ha infatti rigettato il ricorso confermando la sussistenza della giusta causa del licenziamento, qualificata dalla costante giurisprudenza come quel fatto che non consente la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto.

Viene inoltre ricordato che «il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione dell'illecito commesso - istituzionalmente rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione di gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso, e tale inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza"».

Nel caso di specie, la Corte d’appello si è attenuta a tali principi avendo ancorato la gravità della condotta (e la connessa proporzionalità del licenziamento) a una duplice circostanza: da un lato, la violazione di regole cautelari di igiene e sicurezza poste a tutela di un bene giuridico primario, quale la salute pubblica; dall’altra, il rilievo penale della condotta oggetto dell’accertamento dei Carabinieri, a seguito del quale è stato infatti emesso decreto penale di condanna nei confronti del legale rappresentante della società.

In conclusione, i due elementi della pericolosità per la salute pubblica e del rilievo penale delle violazioni impediscono di ridimensionare l’addebito ed escludono ogni dubbio sulla corretta scelta di licenziare lo chef. (Cass. civ., sez. lav., sent., 13 febbraio 2024, n. 3927)

 

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