Licenziato il lavoratore che in malattia aiutava la moglie

La sezione lavoro della Cassazione conferma il licenziamento per il lavoratore che, durante il periodo di malattia, era stato ad aiutare la moglie nel negozio.

Licenziato il lavoratore che in malattia aiutava la moglie

Secondo i Giudici di cassazione è legittimo il licenziamento che l’azienda ha ingiunto al lavoratore sorpreso ad aiutare la moglie nel negozio durante il congedo per malattia. Infatti, a parere dei Giudici, l’atto di aiutare la moglie durante l’assenza dal lavoro a causa di malattia è stato visto come un ostacolo alla ripresa fisica del lavoratore nonché al suo ritorno in azienda.

L’azienda presso la quale il ricorrente lavorava ha preso la decisione di ingiungergli il licenziamento a seguito del rapporto fornito da un’agenzia investigativa alla quale si era rivolta per far pedinare il lavoratore. Nel rapporto rilasciato dalla società investigativa è stato certificato che il dipendente è stato colto sul fatto mentre lavorava nel negozio della moglie durante il periodo di malattia. Le obiezioni sollevate dal lavoratore contro la decisione dell’azienda di licenziarlo sono state confermate sia in primo grado che in grado di appello. Anche a parere dei giudici, il fatto che il lavoratore avesse «prestato attività lavorativa, per due giorni, presso l’attività commerciale della coniuge» durante un periodo di assenza per malattia, della durata di una settimana, è stato considerato rilevante. Nel ricorso per cassazione il legale del lavoratore ha fatto riferimento al «potenziale riguardo nella guarigione» derivante proprio dall’impegno che il lavoratore ha prestato nel negozio della moglie. I Giudici di legittimità, però, ritengono che la valutazione della gravità e proporzionalità del comportamento del lavoratore sia da confermare. I magistrati precisano che il comportamento del dipendente che continua a lavorare durante il periodo di malattia può costituire un motivo legittimo di licenziamento se si configura come una violazione dei doveri di correttezza e buonafede, nonché degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. Questa valutazione viene fatta sia nel caso in cui l'attività esterna possa far presumere l'assenza della malattia, sia nel caso in cui tale attività possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il ritorno al lavoro. Inoltre, tale valutazione deve essere fatta con un giudizio ex ante e non ex post come sosteneva il lavoratore nel ricorso. In questo caso, la valutazione medico-legale sull'attività svolta dal lavoratore durante la sua malattia in favore della moglie è risultata incompatibile con i suoi doveri di dipendente verso l'azienda principale e qualificata come un'attività potenzialmente in grado di ritardarne la guarigione.

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