Fumo nella struttura carceraria: Ministero colpevole per la morte dell’agente
Ministero della Giustizia colpevole per la morte dell’agente di Polizia penitenziaria, morte causata da un carcinoma polmonare originato dal fumo passivo subito dal lavoratore - che in vita sua non aveva mai fumato - all’interno dell’istituto penitenziario, risultato sovraffollato e male areato

A inchiodare il Ministero è, secondo i giudici, il fatto di non avere adottato le cautele necessarie per impedire la situazione di scarsissima salubrità che sul lungo periodo è risulta fatale all’agente. A questo proposito viene osservato che l’uomo non era fumatore, né lo era la moglie, e che egli, durante tutto il servizio quale assistente capo di Polizia penitenziaria, fu costretto ad inalare passivamente il fumo derivante dalla combustione delle sigarette (in considerazione del diffuso fumo attivo dei detenuti) per almeno sei ore al giorno, come da turno di lavoro, predisposto dall’amministrazione, e che la concentrazione del fumo nei corridoi antistanti le celle dei detenuti, zona in cui l’agente svolgeva i propri turni di servizio, era tale da formare una sorta di nebbia’, a conferma dell’alta densità della concentrazione del fumo da sigarette, mentre nei corridoi non vi erano aspiratori e all’interno delle strutture carcerarie non vi erano reparti per non fumatori. (Sentenza del 5 settembre 2023 del Tribunale di Lecce)