Crisi da sovraindebitamento: valido il voto dell’ufficio contenzioso della banca sull’accordo
La legge sulla composizione della crisi da sovraindebitamento non prevede alcun formalismo, né modalità particolari di espressione del voto negativo da parte dei creditori.

Il Tribunale confermava il rigetto della richiesta di omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento a causa del voto negativo di due creditori, con conseguente mancato raggiungimento delle percentuali richieste dalla legge n. 3 del 2012 per l’omologa. In particolare, a differenza di quanto sostenuto dal debitore, il voto negativo espresso da un istituto bancario, reso dall’ufficio contezioso della società, era da considerare valido in quanto idoneo a esprimere la volontà della banca.
La pronuncia è stata impugnata in Cassazione tornando a ribadire che l’ufficio contenzioso della banca non aveva legittimazione a esprimersi sull’accordo di composizione.
Il motivo di ricorso risulta però infondato. La Cassazione (ordinanza, 20 febbraio 2024, n. 4442) ricorda infatti che la legge n. 3/2012 «non prevede alcun formalismo, né modalità particolari di espressione del voto negativo, mentre sul voto positivo (“consenso alla proposta”) l’art. 11 comma1 indica forme varie, tra cui telegramma, raccomandata a.r., telefax o PEC; vigono pertanto, in materia, ampia deformalizzazione, prevalenza del principio della sostanza sulla forma, implicita ratificabilità del voto anche ex post dopo la sua espressione comunque avvenuta».
Infatti, sulla base dei principi affermati dalla giurisprudenza per la parallela procedura del concordato preventivo la Corte ricorda che «la manifestazione di voto è atto negoziale unilaterale, suscettibile di ratifica, la cui effettiva provenienza costituisce un accertamento in fatto riservato al giudice di merito […] il voto espresso nel concordato "appare ascrivibile alla categoria degli atti negoziali unilaterali, oggetto in ogni caso di possibile ratifica ad opera delle società bancarie interessate creditrici (ammesse al voto stesso) e per quanto esse, nella specie, non tempestivamente autrici di rispettiva manifestazione secondo criteri di completezza originaria».
Essendosi in conclusione conformata alla legge, la sentenza impugnata non può essere cassata.