Cram down fiscale
Nel concordato preventivo il decreto di omologa non opposto nei termini non è soggetto a gravame perché trova applicazione il cram down fiscale.

Il cram down fiscale trova la sua disciplina all’interno della legge fallimentare e non costituisce un genere diverso di procedimento di omologazione del concordato preventivo. Infatti, il cram down fiscale segue il regime ordinario di reclamo oppure quello semplificato. Nel caso che ha portato alla decisione della Cassazione, il Tribunale di Bari si era trovato un concordato preventivo in applicazione del cram down fiscale non opposto, e aveva provveduto a omologarlo. L’Agenzia delle Entrate aveva proposto reclamo avverso il provvedimento di omologa e la Corte di Appello aveva provveduto a revocarlo. Secondo i giudici dell’appello, nella disciplina contenuta nella legge fallimentare si ritrovano solo le due ipotesi in cui la proposta o non è stata approvata oppure è stata approvata, ma non anche il cram down fiscale. La Corte di Cassazione, però, non concorda con le motivazioni addotte dalla corte di appello. La novità apportata dalla pronuncia della cassazione sta nel verificare se l’applicazione del cram down fiscale autorizzi una divergenza dalla regola secondo cui se non vi è opposizione, il decreto di omologazione non è soggetto a gravame. A parere dei Giudici di legittimità, l’omologazione con cram down fiscale rappresenta una regola sostanziale del giudizio di omologazione così come il cram down del giudizio ordinario. Indipendentemente dalla sua collocazione all’interno della normativa, il cram down fiscale riguarda la fase antecedente l’approvazione della proposta perché concretizza quelle maggioranze richieste dall’art. 177, comma 1, legge fallimentare anche nel caso in cui queste non fossero state raggiunte per la mancata adesione e sempreché il tribunale ritenga che la proposta sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Così, dicono i Giudici, è come se il meccanismo della previa approvazione del concordato si fosse realizzato. (Cass. Civ. sez. I, 10 gennaio 2024, n. 1033)